NEL CASO DI ESPROPRIO ILLEGITTIMO IL COMUNE NON PUO’ PRETENDERE DALLA COOPERATIVA CONCESSIONARIA L’INTERO RIMBORSO DI QUANTO PAGATO AGLI ESPROPRIATI, MA DEVE LIMITARE LA PROPRIA PRETESA ALLA QUOTA RELATIVA ALLA OCCUPAZIONE LEGITTIMA MAGGIORATA DEL 50% DEL RISARCIMENTO DEL DANNO A TITOLO RISARCITORIO.
Il caso:
Tra il Comune concedente il terreno su cui sorge l’insediamento abitativo e la Cooperativa concessionaria veniva stipulata la Convenzione di cui all’art. 35 della L.865/71, con cui la seconda si obbligava a sostenere tutte le spese conseguenti all’esproprio del terreno medesimo.
La procedura espropriativa aveva inizio con l’occupazione d’urgenza del terreno da parte della Cooperativa, ma nel corso della realizzazione delle opere, l’espropriazione diveniva illegittima per l’inosservanza dei termini di emissione del decreto definitivo di esproprio.
In ragione della predetta sopraggiunta illegittimità, gli espropriati adivano il Tribunale competente, citando in giudizio il Comune e la Cooperativa e chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni subiti per la perdita del terreno, conseguita alla irreversibilità dell’opera in esso insediata.
Il Tribunale adito, accertata l’illegittimità della procedura ablativa, pronunciava la condanna del Comune concedente e della Cooperativa concessionaria, ritenendoli solidalmente responsabili.
La predetta sentenza di primo grado veniva poi confermata dalla Corte D’Appello adita dalle parti soccombenti.
A seguito di azione esecutiva degli espropriati, il Comune versava loro l’intero importo di cui alla sentenza di condanna risarcitoria, reclamando alla Cooperativa il relativo rimborso.
Nelle more la Cooperativa veniva posta il Liquidazione Coatta Amministrativa, sicché la Liquidatela aveva d’ufficio ammesso al Passivo il credito del Comune, quantificandolo nella misura del 50% dell’importo totale della condanna risarcitoria.
Il Comune, però, riteneva di dovere avere dalla Cooperativa l’intero importo pagato agli espropriati, ciò in quanto la stessa si era obbligata a sostenere tutte le spese dell’esproprio , che nell’atto di Convenzione venivano considerate per l’intero ammontare il canone di concessione.
Il ricorso al TAR del Comune e le difese della Liquidatela:
Il Comune proponeva ricorso al TAR al fine di ottenere la condanna della Cooperativa al rimborso dell’intera pretesa creditoria.
La Liquidatela della Cooperativa si costituiva in giudizio eccependo l’infondatezza del ricorso, in quanto il Comune non aveva titolo per pretendere l’intero rimborso di quanto pagato agli espropriati, stante la diversità delle due obbligazioni, quella risarcitoria e quella di cui alla Convenzione ex art. 35 L. 865/71.
In particolare, la Liquidatela sosteneva che l’obbligazione risarcitoria derivava dalla sentenza del Giudice Ordinario che aveva pronunciato la condanna in solido del Comune e della Cooperativa, sicché il relativo importo andava diviso in pari quota tra le due parti soccombenti ed egualmente responsabili; al contrario l’obbligazione assunta con la Convenzione riguardava esclusivamente l’indennità di esproprio legittimo, unica ad essere per intero a carico della stessa Cooperativa.
La decisione:
Con la sentenza n. 330/2020 il TAR per la Sicilia Sezione Catania, rigettando la domanda del Comune ricorrente, accertava l’obbligo della Cooperativa di versare la sola indennità di occupazione legittima, restando salvo il diritto di rivalsa dell’Ente nella misura del 50% della residua quota risarcitoria.
Con la predetta decisione, dunque, il TAR accoglieva sostanzialmente la tesi della Liquidatela, la quale aveva ammesso al Passivo il credito del Comune nella misura del 50% della pretesa dallo stesso avanzata.
Giudizio patrocinato dall’avv. Gualtiero Cannavò nell’interesse della Liquidatela della Cooperativa.