Ho acquistato un alloggio di edilizia convenzionata da una cooperativa che nel 2006 ha sottoscritto con il Comune una convenzione urbanistica in riferimento all’art. 35 L865/71, dove l’unico vincolo era rappresentato dal prezzo imposto di rivendita.
Non vi era alcun vincolo temporale purchè si rispettasse il prezzo di convenzione. Volendo rivendere il nostro alloggio, ci siamo accorti che il prezzo rogitato non era quello di convenzione (quasi il doppio) tutto registrato sull’atto, nel quale il prezzo pattuito al preliminare veniva scorporato tra prezzo di convenzione e presunte migliorie progettuali. Gli alloggi sono già in diritto di proprietà.
Adesso è in corso un contenzioso amministrativo tra Comune e Cooperative, per le sanzioni erogate a fronte del mancato rispetto del prezzo convenzionale, quest’ultime ritengono che alla firma della Convenzione nel 2006, a fronte di un bando del 1999, erano lievitati a causa di norme e varianti progettuali, il tutto scaricato sulle spalle degli ignari soci che ritenevano il prezzo rogitato come il prezzo di convenzione.
Domande:
1) Il Tar potrebbe annullare la convenzione pattuita fra le parti oppure potrebbe intervenire solo sull’entità delle sanzioni?
2) Potremmo richiedere la declaratoria di nullità parziale per la violazione di una norma imperativa coinvolgendo anche il notaio che ha omesso tali informazioni?
3) Il Comune potrebbe emettere una delibera di svincoli di tali alloggi trascorsi 5 anni dal rogito in riferimento alla L.179/92?
La data della convenzione che mi riguarda è del 2006 ed ho avuto modo di leggere che le convenzione in diritto di proprietà stipulate dopo il 1 gennaio 1997 restano disciplinate dalle norme dell’art. 35 L.865/71 unitamente con le norme dell’art. 18 DPR 6 giugno 2001 n. 380 e quindi non è prevista alcuna sostituzione con altra convenzione.
Tale esclusione è giustificata dal fatto che già a partire dal 1 gennaio 1997 (con l’entrata in vigore dell’art. 3 c.63 legge 662/1996) queste dovevano adeguarsi alla disciplina dettata dalla disciplina dell’art. 8 legge 10/1977, sostituito poi dall’art. 18 DPR 6 giugno 2001 n.380. Una parte della giurisprudenza interpreta invece la norma in maniera più metodica, concedendo la possibilità di sostituzione con altra convenzione a prescindere dalla data di stipula di quella originaria.
Risposta al quesito:
Da quanto è possibile comprendere la Cooperativa ha dichiarato nell’atto pubblico di assegnazione un corrispettivo superiore a quello previsto nell’atto di Convenzione.
Su tale presupposto il contenzioso dovrebbe riguardare esclusivamente le sanzioni applicabili e non già la revoca della concessione.
D’altra parte va osservato che, stante la natura mutualistica della Cooperativa, non è neppure ipotizzabile la lesione del bene protetto dalla norma, rappresentato dal prezzo imposto al fine di calmierare il mercato e agevolare i meno abbienti.
Nel caso in specie, dunque, occorrerebbe dimostrare che il corrispettivo mutualistico è rimasto effettivamente nelle previsioni convenzionali, mentre gli importi esposti nell’atto di assegnazione sono stati maggiorati dei costi sociali.
Relativamente all’accaduto si ritiene che sussista la responsabilità civile del notaio rogante.