Cooperative: casi e soluzioni

Quesito del 09/04/2014

Ho acquistato un alloggio di edilizia convenzionata da una cooperativa che nel 2006 ha sottoscritto con il Comune una convenzione urbanistica in riferimento all’art. 35 L865/71, dove l’unico vincolo era rappresentato dal prezzo imposto di rivendita.
Non vi era alcun vincolo temporale purchè si rispettasse il prezzo di convenzione. Volendo rivendere il nostro alloggio, ci siamo accorti che il prezzo rogitato non era quello di convenzione (quasi il doppio) tutto registrato sull’atto, nel quale il prezzo pattuito al preliminare veniva scorporato tra prezzo di convenzione e presunte migliorie progettuali. Gli alloggi sono già in diritto di proprietà.
Adesso è in corso un contenzioso amministrativo tra Comune e Cooperative, per le sanzioni erogate a fronte del mancato rispetto del prezzo convenzionale, quest’ultime ritengono che alla firma della Convenzione nel 2006, a fronte di un bando del 1999, erano lievitati a causa di norme e varianti progettuali, il tutto scaricato sulle spalle degli ignari soci che ritenevano il prezzo rogitato come il prezzo di convenzione.
Domande:
1) Il Tar potrebbe annullare la convenzione pattuita fra le parti oppure potrebbe intervenire solo sull’entità delle sanzioni?
2) Potremmo richiedere la declaratoria di nullità parziale per la violazione di una norma imperativa coinvolgendo anche il notaio che ha omesso tali informazioni?
3) Il Comune potrebbe emettere una delibera di svincoli di tali alloggi trascorsi 5 anni dal rogito in riferimento alla L.179/92?
La data della convenzione che mi riguarda è del 2006 ed ho avuto modo di leggere che le convenzione in diritto di proprietà stipulate dopo il 1 gennaio 1997 restano disciplinate dalle norme dell’art. 35 L.865/71 unitamente con le norme dell’art. 18 DPR 6 giugno 2001 n. 380 e quindi non è prevista alcuna sostituzione con altra convenzione.
Tale esclusione è giustificata dal fatto che già a partire dal 1 gennaio 1997 (con l’entrata in vigore dell’art. 3 c.63 legge 662/1996) queste dovevano adeguarsi alla disciplina dettata dalla disciplina dell’art. 8 legge 10/1977, sostituito poi dall’art. 18 DPR 6 giugno 2001 n.380. Una parte della giurisprudenza interpreta invece la norma in maniera più metodica, concedendo la possibilità di sostituzione con altra convenzione a prescindere dalla data di stipula di quella originaria.

Risposta al quesito:
Da quanto è possibile comprendere la Cooperativa ha dichiarato nell’atto pubblico di assegnazione un corrispettivo superiore a quello previsto nell’atto di Convenzione.
Su tale presupposto il contenzioso dovrebbe riguardare esclusivamente le sanzioni applicabili e non già la revoca della concessione.
D’altra parte va osservato che, stante la natura mutualistica della Cooperativa, non è neppure ipotizzabile la lesione del bene protetto dalla norma, rappresentato dal prezzo imposto al fine di calmierare il mercato e agevolare i meno abbienti.
Nel caso in specie, dunque, occorrerebbe dimostrare che il corrispettivo mutualistico è rimasto effettivamente nelle previsioni convenzionali, mentre gli importi esposti nell’atto di assegnazione sono stati maggiorati dei costi sociali.
Relativamente all’accaduto si ritiene che sussista la responsabilità civile del notaio rogante.

Quesito del 05/04/2014

Sono assegnatario/proprietario (atto notarile del 2001) sin dal 1998 di abitazione in cooperativa a proprietà divisa.
Con decreto definitivo è stato espropriato il terreno su cui sono stati edificati più fabbricati. Un proprietario di una parte del terreno espropriato secondo la normativa vigente non ha accettato la valutazione del terreno fatta a norma di legge, per cui il corrispondente ammontare è stato depositato alla Cassa depositi e prestiti.
Il suddetto proprietario ha proceduto per vie legali nei confronti della cooperativa e dell’Amministrazione Comunale a seguito della quale ha avuto riconosciuto dalla Corte d’appello (deposito sentenza 15 aprile 2010) un prezzo a mq molto più alto di quanto stabilito a suo tempo dalla Commissione Provinciale Espropriazioni (23.07.2002).
Dopo otto anni l’Amministrazione Comunale ci fa sapere che dobbiamo integrare la somma dovuta, pena decreto ingiuntivo di pagamento.
Ora l’Amministrazione comunale ha richiesto a tutti gli ex soci il pagamento della differenza del prezzo del terreno, in forza della convenzione stipulata a suo tempo.
Gradirei sapere se l’Amministrazione Comunale può diffidare gli ex soci (dal 13 Giugno 2003 condomini) ad integrare la differenza del prezzo del terreno, oppure diffidare la cooperativa. Noi condomini non abbiamo potuto neanche ricorrere per cassazione in quanto a suo tempo i rapporti previsti nella convenzione avevano come parti esclusivamente il Comune e la Cooperativa ente concessionario. Nella sentenza di condanna non era citato il condominio bensì la cooperativa.
La cooperativa avrebbe quantomeno dovuto interpellare gli ex soci assegnatari se volevano ricorrere in cassazione?
Adesso un buon numero di ex soci intendono pagare al Comune la cifra chiesta, ma sono veramente sollevati nei confronti della cooperativa a.r.l. oppure questa può rivalersi su tutti anche quelli che intendono pagare.

Risposta al quesito:
Quanto prospettato esigerebbe l’esame completo della documentazione  menzionata (convenzione, sentenza, atto di assegnazione, diffida etc…).
Se, infatti, nell’atto pubblico di assegnazione la Cooperativa si è riservata l’integrazione del prezzo, in ragione di oneri futuri, in tal caso la maggiore indennità espropriativa si riversa pro quota su tutti gli assegnatari.
Se nell’atto di Convenzione si prevede il diretto accollo del canone concessorio, in tal caso il Comune può richiedere le somme pro quota a ciascun assegnatario.
Se, infine, l’atto di Convenzione prevede la revoca della concessione nell’ipotesi di inadempimento (come è normale), in tal caso il Comune può procedere alla revoca dell’area assegnata, almeno che la Cooperativa ovvero i singoli soci non provvedono al pagamento di quanto dovuto.
Nel caso prospettato, tuttavia, appare determinante verificare l’entità della somma richiesta al fine di stabilire la legittimità della quantificazione.
Se, infatti, la condanna è avvenuta a titolo risarcitorio per l’illegittimità della procedura espropriativa, in tal caso il Comune non può pretendere il rimborso dell’intera indennità, ma la pretesa deve limitarsi alla misura dell’indennità legittima.
Quanto alla solidarietà tra soci, va osservato che  essa non dovrebbe sussistere stante l’avvenuta assegnazione definitiva e il conseguente accollo degli oneri limitatamente alla prestazione mutualistica.
Per le obbligazioni sociali, infatti, non può rispondere il singolo socio, se non nella misura di specifici deliberati con accollo pro quota.

Quesito del 03/04/2014

Sono un socio di una cooperativa edilizia ed assegnatario di un alloggio sul quale avrei dovuto ottenere un fondo perduto di 15.000,00 euro.
Ho pagato per intero il mio alloggio (tranne il fondo) aspettando di fare il rogito; dopo quasi 4 anni la cooperativa mi avverte che non rientro più tra i destinatari del fondo perduto ma rientrerei in un canone concordato di 8 anni se voglio ancora i 15.000,00 euro come fondo. La mia domanda è: posso pretendere la restituzione di tutti i miei soldi dato che mi stanno prospettando uno scenario sconosciuto alla firma della prenotazione alloggio?

Risposta al quesito:
Il recesso da socio è regolato dalle norme statutarie e dall’art. 2532 del codice civile.
La perdita dei requisiti soggettivi consente il recesso da socio, stante l’impossibilità di ottenere il corrispettivo mutualistico.
In questi casi, il socio ha normalmente diritto al rimborso di tutto quanto versato a titolo di anticipazione sul costo dell’alloggio sociale, mentre ha diritto alla restituzione dei conferimenti detratte le spese generali e la tassa di ammissione se lo Statuto prevede la non rimborsabilità.

Quesito del 03/04/2014

Sono socio lavoratore di una cooperativa sociale.
L’attuale CdA sta agendo modalità vessatorie verso molti soci, giungendo a licenziarne alcuni “per giustificato motivo” in quanto non possessori di titolo atto a lavorare nelle nostre strutture per disabili psichici (educatore professionale o operatore socio sanitario). Questo personale è tra quello con maggiore anzianità di servizio (all’epoca non sussisteva la necessità del titolo per l’assunzione).
Chiedo un vostro gradito parere su:
1) alla prossima assemblea di approvazione del bilancio è possibile presentare una mozione di sfiducia? Con quale maggioranza? Detta mozione può essere presentata il giorno stesso dell’assemblea nelle “varie ed eventuali”?
2) E’ giustificato il licenziamento in oggetto?


Risposta al quesito:
La così detta mozione di sfiducia altro non è se non la revoca degli amministratori, che viene regolata dl codice civile all’art. 2383, previsto per le Società per azioni, ma applicabile alle Cooperativa in esecuzione del rinvio operato dall’art. 2519 c.c..
Lo Statuto sociale può disporre modalità particolari per la revoca degli amministratori anche in riferimento alle maggioranze, ma in assenza di specifica disposizione vale la maggioranza ordinaria.
Va rilevato che a mente del predetto art. 2383 c.c. la revoca che sia fatta senza giusta causa comporta il risarcimento dei danni subiti dagli amministratori revocati (danni che nelle Cooperative potrebbero essere inesistenti, a seconda che gli amministratori siano o meno retributi).
L’assemblea dei soci può motivare una mozione e non esprimere parere favorevole all’approvazione del bilancio.
La mozione di revoca deve essere messa nell’ordine del giorno della convocazione su richiesta dei soci interessati, altrimenti il relativo deliberato sarebbe nullo.
In assenza del requisito previsto dalla legge in capo al lavoratore, il licenziamento appare legittimo; va però osservato che il socio mantiene il diritto al rapporto sociale e potrebbe richiedere un termine per  regolarizzare la sua posizione.

Quesito del 03/04/2014

Sono socio di coop.va edilizia a proprietà indivisa e passata successivamente a divisa, che ha costruito nel 1981 n.20 alloggi con 19 garage e n. 5 locali comm.li.
Per n. 22 soci è stato effettuato rogito notarile per assegnazione definitiva. Mentre i restanti tre non hanno rogitato per i seguenti motivi:
I socio (locale comm.le) ha in corso azione legale per esclusione in quanto moroso. Sentenza di esclusione con consegna delle chiavi già emessa. Effettuata opposizione, in attesa di decisione da parte del giudice incaricato.
II socio (locale comm.le) non intende al momento rogitare.
III socio, subentrato nel 1987 ad altro socio assegnatario provvisorio di solo alloggio.
In sede di prenotazione, l’allora Presidente ha inserito un posto auto posizionato in prossimità di uscita di sicurezza, che a seguito di verifica dei vigili del fuoco hanno verbalizzato che tale posto deve essere libero e non ostruito.
Chiedo quanto segue:
1) In questa situazione è possibile sciogliere e liquidare la società?
2) Chi a rogitato vorrebbe recedere da socio, è possibile?
3) Come si può risolvere il problema del posto auto, premesso che è stato accatastato in quel punto?
4) Dopo l’assegnazione definitiva sono stati venduti degli alloggi senza che i nuovi acquirenti presentassero la richiesta di ammissione a socio. E’ regolare? Il vecchio socio è obbligato a presentare domanda di recesso? In caso di spese legali ed altro a chi spetta l’onere?
5) possono partecipare alle assemblee?

Risposta al quesito:
Non è possibile sciogliere la Società fino a quando esistono rapporti giuridici pendenti  e beni intestati alla Società medesima.
Il problema del posto auto è collegato alla sua agibilità e, posto che non sembra possibile renderlo legittimo, si deve eliminare.
A seguito della eliminazione occorre disciplinare la distribuzione dei posti auto, se ancora possibile, ovvero deliberare sul risarcimento dovuto al socio al quale il posto medesimo viene sottratto.
Dopo cinque anni dai rogiti è possibile vendere gli alloggi a terzi, senza che gli stessi diventino soci della Cooperativa.
E’ chiaro che i terzi, non avendo nulla a che fare con la Società non partecipino alle assemblee sociali; partecipano viceversa alle assemblee condominiali, nella qualità di proprietari degli alloggi.
I soci che hanno venduto hanno mantengono la qualità di soci e restano obbligati alla contribuzione delle spese generali sino all’estinzione del sodalizio (salvo che il Consiglio di Amministrazione accolga la domanda del loro recesso).

Quesito del 03/04/2014

Sono presidente del cda di una coop e sono informato della gestione, svolta da un altra persona.
Ci sono alcuni debiti (tributari,inps) pregressi all’assunzione dell’incarico: quali rischi corro se non sono pagati?
Ho dato garanzia in banca per il fido: cosa succede se è utilizzato, possono chiedermi soldi per rientrare se non lo fa la coop?

Risposta al quesito:
Nelle Società Cooperative gli amministratori rispondono personalmente del versamento non eseguito in ordine ai tributi ovvero ai contributi previdenziali.
Nel caso in specie, dell’omesso versamento risponde certamente l’ex amministratore, ma quello attuale risponde per non avere agito per il recupero coattivo dell’importo e il versamento all’Ente creditore.
A seguito della garanzia sul fido bancario, il garante risponde del mancato pagamento del credito di scopertura se la Banca ha richiesto il rientro.