Cooperative: casi e soluzioni

Quesito dell’08/02/2023

Riassumo brevemente la problematica: nel 2007 io e altri miei colleghi ci siamo iscritti ad una cooperativa edilizia che secondo quello che ci avevano “promesso” sarebbero stati in grado di realizzare delle unità abitative (prima casa) nel giro massimo di 2/3 anni.
Durante questi anni abbiamo versato varie quote, ma nella considerazione che da quel giorno di 16 anni fa nulla si è realizzato, io e buona parte dei soci abbiamo cessato di versare ulteriore denaro. A seguito di ciò lo scorso mese mi è arrivato una intimazione di pagamento che io e alcuni colleghi non abbiamo nessuna intenzione di pagare.
Io e molti altri colleghi avremmo intenzione di abbandonare la Cooperativa e magari riuscire a recuperare qualche cosa. Abbiamo qualche possibilità?

Risposta al quesito:
L’ipotesi genericamente prospettata è quella del recesso da socio, che viene normativamente regolato dall’art. 2532 c.c. e dello Statuto sociale.
Se nel corso della vita sociale la Cooperativa manifesta “inadempienze” societarie e/o contrattuali il socio può recedere anche da socio, reclamando la risoluzione del rapporto sociale per causa imputabile alla Società.
Occorre, tuttavia, verificare l’effettiva esistenza delle inadempienze della Cooperativa e, soprattutto, se il socio abbia accettato le deliberazioni assembleari senza manifestare il proprio dissenso.
Nel caso di specie, comunque, sembra che il lungo lasso di tempo intercorso giustifichi il recesso, giustifichi il recesso del socio, il quale deve darne comunicazione al CdA, attendendo la risposta entro sessanta giorni.
In caso di diniego il socio deve proporre opposizione entro i successivi sessanta giorni dalla notifica del provvedimento.

Quesito del 05/02/2023

Sono presidente di una Cooperativa edilizia a proprietà divisa che sta completando il proprio programma edificatorio, essendo prevista la consegna degli alloggi nel prossimo mese di luglio. Uno dei soci ha fatto richiesta di cessione della propria quota a favore di un familiare (sorella), che sarà sottoposta al Consiglio di amministrazione ai sensi dell’art. 2540 c.c. Lo statuto della Cooperativa non prevede divieti alla cessione di quote, rimandando alla disciplina codicistica.
Il quesito è il seguente: il soggetto che acquista la quota dal familiare conserva l’anzianità di iscrizione di quest’ultimo nella cooperativa, oppure finisce in coda ai vecchi soci?
La questione è rilevante in quanto, in base ad apposita delibera assembleare a suo tempo adottata, la scelta degli alloggi è stata effettuata in base all’anzianità di iscrizione di ciascun socio, per cui l’acquirente, in caso di conservazione dell’anzianità di iscrizione del cedente, acquisterebbe la prenotazione sullo stesso alloggio da questo scelto. In caso contrario, altri soci potrebbero avanzare pretese su detto alloggio in base alla loro maggiore anzianità di iscrizione.

Risposta al quesito:
Occorre, innanzitutto, specificare che nelle Cooperative la cessione della quota non ha efficacia verso la Cooperativa se non è preventivamente autorizzata dagli amministratori.
La predetta disposizione, prevista dall’art. 2530 c.c., conferisce alla Cooperativa il potere di porre un veto motivato alla richiesta di cessione, basato sui requisiti del nuovo socio, stabiliti dallo Statuto ovvero dalla stessa legge (per le Cooperative a contributo pubblico).
Ciò posto, va rilevato che la cessione della quota, se accolta dagli amministratori, comporta il subentro del cessionario nella medesima posizione del cedente, in riferimento sia al rapporto societario che a quello contrattuale mutualistico.
Ed infatti, l’ipotesi della cessione della quota non è equiparabile a quella della nuova assunzione di un socio, il quale poi subentra al socio receduto, ma, proprio in ragione della previsione normativa sul veto degli amministratori, deve presumersi che il cessionario subentri nella medesima posizione del cedente.
Alla luce di quanto precede, nel riscontrare la richiesta di autorizzazione alla cessione della quota, si ritiene che gli amministratori debbano verificare lo Statuto relativamente ai requisiti del socio e, in caso di assenza di ostacoli al subentro, debbano autorizzare la cessione, senza che la delibera assembleare sulla scelta dell’alloggio possa in alcun modo influire sul rapporto mutualistico precedentemente consolidato.

Quesito del 04/02/2023

Ho da poco visto un immobile facente parte di una cooperativa il cui socio uscente non intende continuare a versare quote per il prosieguo della costruzione in quanto ottenuto trasferimento in altra sede. Sono venuto a conoscenza dell’interesse da parte di un terzo al subentro in cooperativa, ma questo terzo soggetto (verosimilmente interessato poco tempo prima di me) continua a prendere tempo sulla scelta o meno di entrare in cooperativa.
La domanda è questa: essendo io interessato al subentro e disposto a versare per intero la somma già versata dal socio uscente, mentre il terzo soggetto (seppur interessatosi prima di me) continua a prendere tempo, chi decide su chi deve subentrare?
È una scelta di tutti i soci, del presidente o del socio uscente?

Risposta al quesito:
Occorre verificare preliminarmente se la Cooperativa opera in regime di edilizia agevolata ovvero in regime libero.
Nel primo caso la Cooperativa è obbligata a curare il registro degli aspiranti soci, che vengono iscritti in ordine di domanda e conservano la priorità in ragione della data acquisita.
Nel secondo caso la Cooperativa ha un’ampia discrezionalità, con il limite per gli amministratori della maggior convenienza per la compagine sociale.
In ogni caso il socio aspirante deve verificare le norme statutarie relativamente agli eventuali requisiti specifici, richiesti per l’assunzione della qualità di socio.
Ciò posto, all’aspirante socio conviene, comunque, inoltrare alla Cooperativa l’istanza di ammissione a socio subentrante, ciò al fine di acquisire la posizione, che, se disattesa, potrà essere fatta valere con eventuale azione giudiziaria (previa verifica dei presupposti).

Quesito del 02/02/2023

Sono socio di una cooperativa edilizia, abbiamo rogitato l’appartamento a proprietà differita in quanto abbiamo ricevuto un contributo regionale ove il vincolo scade nel 2026. Lo scopo della Cooperativa è stato raggiunto tutti gli appartamenti sono stati assegnati tutti con rogito a proprietà differita. Ora il presidente della Cooperativa è deceduto, due membri del CDA sono persone estranee alla Cooperativa e quindi non sanno nulla.
Abbiamo scoperto che il presidente ha lasciato tanti debiti con il fisco e con il Comune per le opere di urbanizzazione. Nessuno di noi vuole fare il presidente/liquidatore.
Il quesito è questo: c’è chi dice di mandarla in liquidazione coatta amministrativa in quanto noi soci non rischiamo l’appartamento (rogito resta valido) e nè tantomeno rispondiamo dei debiti in quanto il socio risponde solo della quota sociale (il liquidatore farebbe solo un atto di responsabilità nei confronti del CDA). Altri dicono di portarla in liquidazione bonaria e farsi carico dei debiti cercando di presentare un bilancio finale a fine anno per poterla chiudere. Su alcuni appartamenti c\’è l’ipoteca primaria della banca per chi ha preso il mutuo. Al momento la Cooperativa non ha nulla di proprietà.
Possibile che bisogna farsi carico di questi debiti? Cosa si rischia effettivamente? Se il notaio ha stipulato senza approfondire tutta la situazione non ne deve rispondere lui?

Risposta al quesito:
E’ certo che le Cooperative sono società che rispondono con il proprio patrimonio dei debiti sociali.
Nel caso di specie, tuttavia, occorre verificare l’effettiva situazione contrattuale, in particolare gli obblighi imposti ai soci assegnatari con l’atto pubblico di trasferimento in via differita della proprietà individuale dell’alloggio prenotato.
Dal contenuto dell’atto si possono prevedere gli effetti dell’insolvenza della Cooperativa e assumere le conseguenti scelte da parte dei soci prenotatari.
E’ molto improbabile che il notaio rogante abbia responsabilità in ordine alle “spese occulte”, non rientrando nei suoi obblighi la verifica della gestione della Cooperativa.

Quesito del 31/01/2023

Sto valutando l’acquisto di quote di una società cooperativa proprietaria di un appezzamento di terreno edificabile, i soci da cui acquisterei sono assegnatari di una porzione di questo terreno. Successivamente si dovrebbe procedere all’edificazione del rustico (c’è già il permesso a costruire).
Quali cautele è opportuno prendere?

Risposta al quesito:
La Cooperativa edilizia è caratterizzata da due rapporti: uno di natura societaria, l’altro di natura contrattuale.
Relativamente al rapporto sociale, gli obblighi e i diritti del socio sono regolati dallo Statuto e dalle norme del codice civile, specificatamente in materia di contribuzione alle spese generali, di deliberati assembleari, di recesso e altro.
Il socio aderendo alla Cooperativa accetta le clausole dello Statuto, sicché viene vincolato alle deliberazioni legittime dell’assemblea in materia di scelte gestionali e alle risultanze del Bilancio sociale da redigersi annualmente.
Il socio deve, quindi, verificare lo Statuto e individuare i suoi obblighi, nonché seguire i deliberati assembleari in relazione alle scelte gestionali degli amministratori.
Le tutele sono previste dalla normativa del Codice Civile e delle Leggi speciali e sono di due tipi: tutele giudiziarie da attuare a fronte di violazioni da parte degli amministratori ovvero tutele in sede amministrative da eseguire con esposti e richieste ispettive all’Autorità di Vigilanza (MISE).
Relativamente al rapporto contrattuale o mutualistico il punto di riferimento è il “preliminare di assegnazione) che contiene la regolamentazione delle prestazioni reciproche: realizzazione dell’alloggio promesso dalla Cooperativa da una parte e pagamento del prezzo dall’altra.
Il socio promissario deve, innanzitutto, valutare la “convenienza” e coniugare i versamenti da eseguire con i lavori realizzati, intervenendo tempestivamente nel caso di anomalie e difformità.
Il socio, quindi, deve verificare gli adempimenti della Cooperativa dal punto di vista sia tecnico, che normativo, tutelandosi in ragione delle norme civilistiche sull’inadempienza contrattuale.

Quesito del 26/01/2023

Sono membro della redazione di una community italiana di studenti e laureati in scienze della vita (biologi, biotecnologi e scienziati naturalisti) dediti a titolo volontario ad attività di divulgazione scientifica, prevalentemente via web.
Vi contatto perché al momento siamo una community informale senza alcuna forma giuridica, ma intendiamo darcene una che ci permetta di implementare le nostre attività iniziando a proporre al nostro pubblico servizi di divulgazione, didattica, organizzazione eventi, editoriali, di marketing e altro anche a pagamento, per ricavarne profitto e pagare chi collabora con noi in base al lavoro svolto.
La maggior parte dei membri della redazione che entrerebbero a far parte di questa realtà svolge in parallelo una propria attività indipendente da professionista Biologo con partita iva in regime forfettario. È, quindi, per noi vitale che la costituzione di questa nuova realtà non precluda il mantenimento dei nostri regimi forfettari, rispettando in modo rigoroso le prescrizioni di legge e le norme deontologiche a riguardo di modo da non pregiudicare né la nuova realtà, né i nostri lavori come singoli professionisti.
La domanda che Vi pongo è quindi quale forma societaria, associativa o cooperativa (da più parti ci suggeriscono questa opzione, ma ci manca un parere autorevole) sia adatta per avviare le attività della community in accordo con le esigenze e gli obiettivi già esposti.

Risposta al quesito:
La normativa attualmente in vigore non consente di adottare il regime forfettario a chi esercita attività di impresa, arti e professioni e, contemporaneamente, partecipi a società di persone, associazioni professionali, imprese familiari. E’ ugualmente impeditiva al regime forfettario la detenzione di partecipazioni di controllo, diretto o indiretto, in società a responsabilità limitata operanti nel medesimo settore economico.
Le suddette limitazioni sono volte ad evitare che la complessiva attività svolta dalla persona fisica venga artatamente frazionata, in modo da poter rientrare nei limiti reddituali previsti per il regime forfettario e di usufruire dei relativi benefici fiscali.
Nel caso specifico delle società cooperative, la qualità di socio non appare ostativa all’accesso o al mantenimento del regime forfettario, e ciò a prescindere dall’identità o meno tra l’attività esercitata dal socio e quella svolta dalla Cooperativa, in quanto la tipologia societaria in questione non prevede, in ogni caso, il possesso di partecipazioni di controllo.
Tuttavia, occorre tener presente che nell’ambito delle Cooperative di produzione e lavoro o di servizi (alle quali si fa riferimento nel quesito) i soci possono intrattenere due distinti rapporti: quello sociale e quello lavorativo, che a sua volta può assumere diverse tipologie.
Sotto questo profilo, potrebbe essere ostativa al mantenimento del regime forfettario, la circostanza che il socio sottoscriva il contratto di lavoro dipendente con la Cooperativa e poi svolga attività autonoma con partita iva prevalentemente verso la Cooperativa stessa.
In tal caso, infatti, si configurerebbe la fattispecie prevista dalla lettera d-bis) del comma 57 della Legge n. 190/2014, la quale dispone il divieto di applicazione del regime forfettario alle persone fisiche la cui attività si svolga in prevalenza nei confronti di soggetti con i quali intercorrano rapporti di lavoro dipendente o assimilati (tra questi ultimi figurano, appunto, quelli dei soci lavoratori delle cooperative di produzione e lavoro o di servizi).
La causa ostativa che precede non si porrebbe relativamente ai soci che sottoscrivano il rapporto di lavoro autonomo con la Cooperativa o che non sottoscrivano alcun rapporto di lavoro con la stessa.
Nel caso di specie, quindi, gli attuali titolari di partita iva potrebbero associarsi in Cooperativa (eventualmente anche con altri soci), ma, al fine di mantenere il regime forfettario, dovrebbero rispettare le anzidette prescrizioni relativamente all’eventuale rapporto di lavoro con la Società.
Specificatamente, i predetti soci dovranno fatturare alla Cooperativa le proprie prestazioni professionali, in modo da non turbare il volume limitativo dei compensi nel regime forfettario e così rendere compatibile la loro qualità di soci.