Cooperative: casi e soluzioni

Quesito del 15/03/2024

Egregio avvocato, ho stipulato un preliminare di vendita futura con una cooperativa edilizia (senza polizza fideiussoria risultano solo i bonifici) per l’assegnazione in proprietà di una porzione di fabbricato in costruzione, anticipando somme importanti in anticipo, quale requisito indispensabile per ricevere l’assegnazione in proprietà futura. Si tratta di due porzioni di fabbricato comprensive di sei unità abitative.
Dopo aver concluso le prime tre unità abitative prevedendo degli standard costruttivi superiori al capitolato, il costruttore ha iniziato a chiedere per le opere non previste in capitolato somme extra. Altresì i lavori eseguiti nel seminterrato per la prima porzione di fabbricato visto che la struttura era stata abbandonata alle intemperie è stata oggetto di lavori ab origine necessari per evitare la risalita dell’umidita. Lo stesso problema è sicuramente esistente anche nel fabbricato di mio interesse ma ha deciso di non farsene carico delle spese necessarie.
Vista la disparità di trattamento riservata all’istante volevo chiedere come è possibile procedere affinché il presidente della Cooperativa garantisca maggiore trasparenza senza discriminare i soci. L’assenza di informazioni è avvenuta anche quando era necessario scegliere all’unisono i rivestimenti degli esterni. Ulteriormente, dopo le dimissioni della precedente ditta e del D.L,, senza informarmi, il costruttore, mi ha chiesto una proroga per l’ultimazione dei lavori, formalizzata tramite uno scambio di PEC.
Ad ora, su mia richiesta, non mi ha fornito né l’atto di acquisto del terreno né un cronoprogramma di esecuzione dei lavori.
La mia seconda domanda è se posso imputare, per i ritardi commessi, i danni derivanti dalle spese di affitto che sto sostenendo a causa sua e se nel caso di ulteriori ritardi chiedere ex lege il doppio della caparra versata? Infine volevo chiederLe se nel mio caso a seguito dell’assegnazione in proprietà della porzione di fabbricato possa vendere la proprietà acquisita senza alcun problema?

Risposta al quesito:
Se si tratta di Cooperativa edilizia non ha alcun senso ipotizzare la “caparra”, posto che tale Società è di tipo mutualistico e si basa sulla volontà espressa dall’assemblea dei soci secondo le regole previste dal codice civile e dalle leggi speciali.
Il C.d.A. esegue i deliberati assembleari e deve rendere il conto mediante la redazione dei Bilanci annuali che devono essere approvati dall’assemblea dei soci.
Ciascun soci ha diritto ad avere le informazioni sull’attività sociale.
Il costruttore dovrebbe essere il soggetto appaltato per la realizzazione dell’edificio sociale e non colui che dispone arbitrariamente e a suo piacimento di costi e ricavi.
Il socio prenotatario, dunque, deve controllare la vita sociale della Cooperativa e, nel caso di irregolarità, come sembra emergenti, deve tutelarsi in sede giudiziaria o in sede amministrativa innanzi all’Autorità di Vigilanza.
Per quanto riguarda il trattamento dei soci, l’art. 2516 c.c. prevede tassativamente che tutti i soci debbano avere la parità di trattamento delle condizioni mutualistiche.
Per quanto riguarda la ipotetica vendita dell’alloggio occorre verificare se la Cooperativa ha realizzato con il contributo pubblico ovvero su terreno assegnato dal Comune (area PEEP).
In entrambi i casi il vincolo di inalienabilità è per l’intero quinquennio successivo all’assegnazione definitiva della proprietà.
In assenza dei predetti presupposti non esiste alcun vincolo.

Quesito del 13/03/2024

Dobbiamo rinnovare il C.d.A. di una cooperativa edilizia composto da 5 membri. Lo statuto attribuisce al socio un solo voto in generale e nulla dice sul rinnovo delle cariche sociali. Vi sono più di 5 candidati.
Il socio può indicare un voto per ogni candidato consigliere sino ad un massimo di 5?

Risposta al quesito:
Se non esiste un regolamento interno il voto può essere solo uno, almeno che l’assemblea approvi il regolamento che indica le modalità con più voti per ciascun socio.

Quesito del 12/03/2024

Ho richiesto recesso da cooperativa edilizia il 22.12.2023. La Cooperativa ha provato a barattare l’autorizzazione al recesso con la firma di una fideiussione su mutuo fondiario che la banca aveva deliberato prima della mia richiesta di uscita.
Io non ho firmato, inquanto non ero stata messa a conoscenza della garanzia richiesta dalla banca e perlopiù ho anche chiesto il recesso. Secondo loro non ci sono le condizioni per accettare il recesso, ma di fatto risposte scritte non me ne hanno mandate.
Cosa rischio? Come posso fare per rendere efficace il recesso, considerato anche che sono abbondantemente trascorsi i 60 giorni per darmi risposta e che hanno praticamente cercato di riscattarsi?

Risposta al quesito:
Occorre, innanzitutto, verificare se la Cooperativa ha risposto ufficialmente alla domanda di recesso.
In caso contrario, si deve aspettare che trascorra un congruo termine, non inferiore ai 90 giorni per considerare definitivo il provvedimento di accoglimento della domanda per assenso implicito.
Se la Cooperativa rigetta la domanda espressamente occorre impugnare il provvedimento entro 60 giorni innanzi al Tribunale specializzato per le Imprese.
In assenza di risposta nei termini congrui, il socio può rifiutare le richieste della Cooperativa e resistere in giudizio ovvero anticipare e ricorrere al Tribunale per la declaratorio dell’avvenuto recesso.

Quesito del 12/03/2024

Egregio avvocato, Le pongo un quesito. Sono ex socio di una cooperativa edilizia a proprietà divisa ora in LCA; alloggi tutti assegnati con rogito circa 10 anni fa. Nel 2018, a seguito di gravi inadempienze finanziarie, contabili e tributarie, il MIT ha sospeso il contributo pubblico.
A gennaio 2024, su richiesta del Commissario Liquidatore, il MIT ha autorizzato la riattivazione del contributo pubblico con discendente Decreto di riattivazione del contributo da parte del Provveditorato OO.PP.. La riattivazione è solo a vantaggio della Cooperativa e nell’interesse della massa creditoria. Esiste una Ordinanza (anno 2020) della Suprema Corte a SS.UU. la quale sancisce che i contributi erariali devono essere utilizzati per il solo scopo per cui essi sono erogati; un utilizzo diverso comporterebbe un danno erariale da parte della PA. Quindi detto contributo deve essere erogato solo agli effettivi beneficiari cioè gli ex soci?
Ovviamente il contributo potrebbe essere anche definitivamente revocato dal MIT. Possiamo impugnare innanzi al TAR il decreto di riattivazione? Quali ulteriori azioni potremmo intraprendere?

Risposta al quesito:
E’ evidente che senza visionare il provvedimento amministrativo e avere contezza degli antefatti non può essere formulata alcuna esaustiva risposta.
Si può, tuttavia, genericamente accennare ad alcune considerazioni in base alle scarne informazioni fornite.
Il contributo è stato riattivato su richiesta motivata della Liquidatela e presumibilmente ciò è avvenuto in ragione dei pagamenti dovuti ai creditori in esecuzione delle attività effettuate per portare a buon fine il programma costruttivo. Si può anche presumere che il Commissario Liquidatore abbia formulato un programma per l’utilizzazione del medesimo contributo secondo le finalità originarie.
I soci non possono essere destinatari del contributo se non assegnatari definitivi degli alloggi, eseguiti dalla Cooperativa in bonis.
Ciò posto, i predetti soci, se adempienti, possono rivolgere istanza al Commissario Liquidatore e all’Ente di Vigilanza per ottenere l’assegnazione degli alloggi realizzati con il contributo pubblico, dichiarando al contempo di essere disponibili ad eseguire i versamenti integrativi per il completamento dell’edificio sociale.

Quesito del 03/03/2024

Buongiorno avvocato, la Legge Regione Puglia n. 8 del 25/03/1986 art.4 (vigente) recita: “Le cooperative edilizie che aspirino a beneficiare di agevolazioni pubbliche devono essere costituite esclusivamente da soci aventi i requisiti soggettivi necessari per essere assegnatari di alloggi di edilizia residenziale pubblica”.
La Legge Regione Puglia n. 54 del 20/12/1984, abrogata dalla L.R. n. 10/2014, art. 44, lettera a), all’art. 2 (Requisiti per l’assegnazione) recita: “c) chi non è titolare di diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione su alloggio adeguato alle esigenze del nucleo familiare nell’ambito territoriale cui si riferisce il bando di concorso; d) chi non è titolare di diritti di cui al precedente punto c) su uno o più alloggi, ubicati in qualsiasi località, il cui valore locativo complessivo, determinato ai sensi della legge 27 luglio 1978, n. 392, sia almeno pari al valore locativo di alloggio adeguato con condizioni abitative medie nell’ambito territoriale cui si riferisce il bando di concorso”.
Chi possiede un alloggio fuori dell’ambito territoriale poteva nel 1989 essere iscritto a socio della Cooperativa?

Risposta al quesito:
Secondo la normativa indicata, l’alloggio non ricompreso nell’abito territoriale dell’intervento non deve superare il valore locativo dell’alloggio che sarebbe idoneo al nucleo familiare  del socio  e sito nel predetto ambito territoriale dell’insediamento cooperativo.
La predetta norma regionale, diversa da quella nazionale, tende ad escludere dall’agevolazione quei soggetti che potrebbero agevolmente reimpiegare, ai fini abitativi, il ricavato locativo dell’immobile di cui sono proprietari, ma sito in ambito diverso da quello dell’insediamento agevolato.
Ciò posto, se nel 1989 l’alloggio extra territorio avesse potuto fruttare al socio proprietario un importo pari al canone locativo di un appartamento in ambito territoriale, in tal caso il socio medesimo non avrebbe avuto il diritto di fruire dell’agevolazione Regionale.

Quesito del 09/02/2024

Egregio avvocato, con atto di subentro sono diventata socia di una società Cooperativa edilizia a r.l. iscritta, ex art. 2512 c.c. e s.s, nella sezione delle cooperative a mutualità prevalente dell’apposito Albo del Ministero e il cui scopo sociale previsto dallo statuto è la realizzazione di soddisfare l’esigenza primaria della casa di abitazione (…), in particolare rientra nello scopo della Cooperativa l’attribuzione di alloggi da assegnare in godimento, in proprietà o con altre forme contrattuali ai propri soci nell’ambito dei piani di zona previsti dalla L. 167/1962 e da eventuali altre leggi emanate in materia di edilizia abitativa; la Cooperativa non ha finalità speculative.
Nel medesimo Statuto è previsto che la Cooperativa ordinariamente non attribuisce vantaggio mutualistico sotto forma di ristorni in quanto lo attribuisce direttamente mediante l’applicazione di un minor prezzo dell’immobile rispetto a quello di mercato. Sono, altresì, previsti, in un ulteriore articolo dello Statuto, il possesso dei requisiti di cui all’art. 2514 c.c..
In considerazione di quanto sopra, Le chiedo se l’adozione della delibera assembleare con la quale si sia deciso all’unanimità che i soci assegnatari di box auto più grandi rispetto a quelli assegnati ad altri soci e i soci assegnatari dei giardini, debbano versare la differenza rapportata al prezzo di mercato, in ragione della maggiore estensione, non si ponga in contrasto con i requisiti di una società cooperativa a mutualità prevalente senza fini di lucro, comportandone addirittura la perdita dei requisiti di mutualità e dei relativi benefici fiscali.
Le chiedo, altresì, se detta delibera possa essere impugnata ai sensi dell’art. 2379, comma 1, c.c. in quanto volta a modificare l’oggetto sociale prevedendo un’attività illecita, ovvero la perdita del requisito della mutualità prevalente senza che la società effettui tutti gli adempimenti necessari alla sua cancellazione dall’Albo delle cooperative a mutualità prevalente e senza le necessarie segnalazioni.

Risposta al quesito:
La Cooperativa a mutualità prevalente persegue le finalità agevolative verso i propri soci e solamente in misura minima può effettuare operazioni con i terzi a scopo di profitto.
Ciò posto, le assegnazione degli immobili e delle pertinenze da parte di una Cooperativa edilizia devono essere commisurate ai costi effettivamente sostenuti e al prevedibile fabbisogno finanziario di quelli da sostenere per il raggiungimento dello scopo sociale.
Quanto precede, deve rapportarsi al Bilancio sociale e ai deliberati assembleari, ivi compresi quelli approvativi dei rendiconti.
Se, dunque, non sussistono i presupposti per l’applicazione di prezzi quantitativamente privi del ragionevole confronto con i costi di riferimento, in tal caso la delibera in questione potrebbe essere opposta per invalidità.
Occorre, però, precisare che l’opposizione non può riguardare motivi di opportunità, ma deve essere fondata esclusivamente sulla mancata osservanza dello scopo sociale e dei principi mutualistici. Di tale violazione occorre dare prova con i Bilanci alla mano e con le stesse delibere approvative.