IL VINCOLO DEL PREZZO MASSIMO DI CESSIONE DELL’IMMOBILE COSTRUITO IN REGIME DI EDILIZIA AGEVOLATA NON E’ LIMITATO ALLA VENDITA EFFETTUATA DALLA COOPERATIVA CONCESSIONARIA, MA PERMANE ANCHE NEI SUCCESSIVI PASSAGGI DI PROPRIETA’, A MENO DI SPECIFICA CONVENZIONE
Risolvendo il risalente contrasto tra due opposti orientamenti, le Sezioni Unite, con sentenza n. 18135 del 16.09.2015, hanno finalmente fatto chiarezza sulle condizioni necessarie all’eliminazione dei vincoli relativi alla determinazione del prezzo di cessione e del canone di locazione in ordine agli immobili ricadenti in area PEEP, chiarendo, in particolare, come non sia sufficiente alla caducazione dei vincoli il venir meno del divieto di alienazione degli stessi immobili.
La questione giuridica portata all’esame dei Giudici di legittimità trae origine da un contratto preliminare di vendita relativo ad un immobile costruito su un’area concessa in diritto di superficie dal Comune di Roma, originariamente acquistato nell’ambito di programmi di edilizia pubblica agevolata e convezionata e divenuto alienabile a seguito di apposita autorizzazione della Regione Lazio.
La promittente venditrice citava in giudizio la promissaria acquirente chiedendo la risoluzione del contratto per inadempimento di quest’ultima, più volte sollecitata a stipulare l’atto pubblico definitivo.
La promissaria acquirente eccepiva che l’intervenuta concessione dell’autorizzazione ad alienare non eliminasse di per sé il vincolo di determinazione del prezzo dell’immobile de quo che rimaneva, pertanto, connesso agli specifici parametri indicati nella convenzione stipulata tra il Comune di Roma e la Società costruttrice. In via riconvenzionale, chiedeva l’esecuzione in forma specifica del contratto ex art. 2932 c.c., previa riduzione del prezzo d’acquisto.
Il Tribunale di Roma dichiarava risolto il contratto per inadempimento della promissaria acquirente.
La Corte d’Appello, riformando la decisione del Giudice di prime cure, accertava l’inadempimento della promittente venditrice ed accoglieva la domanda riconvenzionale di esecuzione in forma specifica del contratto, previa inserzione automatica del prezzo legale in luogo di quello pattuito con clausola invalida ex art. 1339 c.c..
La promissaria acquirente ricorreva per cassazione, eccependo la violazione di legge in ordine al fatto che la Corte avesse condizionato l’effetto traslativo dell’immobile al pagamento di un’ulteriore somma nonché all’accollo del mutuo fondiario, così maggiorando il prezzo liberamente pattuito in sede di contratto preliminare.
La promittente venditrice proponeva ricorso incidentale per violazione di legge e carenza di motivazione per aver la Corte ritenuto che l’eliminazione del vincolo di alienazione dell’immobile non avesse comportato il venir meno anche del limite relativo al prezzo massimo.
La causa veniva assegnata alle Sezioni Unite, al fine di dirimere la questione se il limite alla determinazione del prezzo di cessione dell’immobile costruito in regime di edilizia agevolata permanesse solo fino alla vigenza del vincolo di inalienabilità e se valesse esclusivamente per il concessionario o anche per i successivi sub acquirenti.
Il quesito era già stato risolto dalla Suprema Corte con opposte soluzioni.
Un primo orientamento, valorizzando il principio di autonomia contrattuale, riteneva che il vincolo sul prezzo massimo di vendita (o sul canone di locazione) fosse applicabile solo al costruttore titolare della concessione agevolata rilasciata nella convenzione con il Comune e non anche ai successivi subacquirenti (Cass., Sez. 2, 4 aprile 2011 n. 7630; Cass., sez. 2, 2 ottobre 2000 n. 13006).
Secondo l’orientamento opposto, invece, il vincolo de quo era da ritenere tassativo, in quanto derivante da norme imperative, seppur attraverso la convenzione tra Comune e concessionario.
Conseguentemente, la clausola contrattuale che avesse apposto un prezzo di cessione superiore al limite massimo sarebbe stata affetta da nullità ex art. 1418 c.c. e sostituita mediante inserzione automatica del corrispettivo imposto dalla legge.
Le Sezioni Unite hanno preliminarmente rimarcato la fondamentale differenza tra il vincolo di inalienabilità e quello relativo alla determinazione del prezzo, rilevando che, mentre il primo può o meno essere contenuto nell’atto di convenzione, il secondo discende, invece, direttamente dalla legge.
Venendo poi al nodo della questione, i Giudici di legittimità hanno affermato che solo le convenzioni ex legge n. 10/1977 (cd. legge Bucalossi) e non anche quelle ex art. 35 legge n. 865/1971 (relative ad immobili edificati su area PEEP, come quello in oggetto) prevedono che “il titolare di alloggio su concessione edilizia rilasciata con contributo ridotto non è obbligato a rispettare, in sede di vendita, il prezzo stabilito dalla convenzione- tipo approvata dalla regione, ai sensi della L. n. 10 del 1977, art. 7: e questo, perchè destinatario dell’obbligo di contenere i prezzi di cessione (od il canone di locazione) nei limiti fissati dalla detta convenzione è soltanto il costruttore titolare della concessione (Cass., sez. 2, 2 ottobre 2000 numero 13.006). Per gli immobili di edilizia convenzionata ex L. n. 10 del 1977 appare chiara, infatti, l’individuazione, in chi abbia ottenuto la concessione edilizia a contributo ridotto, del destinatario degli obblighi assunti di contenere il prezzo di cessione degli alloggi, nei limiti indicati dalla stessa convenzione e per la prevista durata di sua validità”.
Con riferimento, invece, agli immobili rientranti in aree PEEP ex art. 35 legge n. 865/1971, le Sezioni Unite hanno rilevato che, in base al comma 49 bis dell’art. 31, legge n. 448/1998 (aggiunto dal D.L. n. 70/2011 convertito con modificazioni in legge n. 106/2011), la possibilità di rimuovere il vincolo è subordinata specifiche condizioni.
Nella sentenza in oggetto è, infatti, possibile leggere testualmente:
“Come si vede, la possibilità di rimuovere i vincoli relative alla determinazione del prezzo massimo di cessione (nonchè del canone massimo di locazione) contenuto in una convenzione P.E.E.P. è subordinata a tre presupposti: 1) decorso di almeno cinque anni dalla data del primo trasferimento; 2) richiesta del singolo proprietario; 3) determinazione della percentuale del corrispettivo, calcolata secondo parametri legali da parte del Comune.
Dal testo normativo sopra riportato emerge, dunque, con chiarezza che il vincolo del prezzo non è affatto soppresso automaticamente a seguito della caduta del divieto di alienare; ed anzi, in assenza di convenzione ad hoc (da redigere in forma pubblica e soggetta a trascrizione), segue il bene nei successivi passaggi di proprietà, a titolo di onere reale, con naturale efficacia indefinita”.
Le Sezioni Unite hanno, quindi, convenuto che la rimozione automatica del vincolo sul prezzo massimo di cessione dell’immobile rientrante in area PEEP, in virtù della mera autorizzazione ad alienare, avrebbe palesemente alterato la ratio della normativa, volta proprio a favorire l’acquisto dell’alloggio per i ceti meno abbienti.
Consentire, infatti, che gli immobili costruiti con il contributo dello Stato possano essere, dopo la prima vendita, alienati a prezzo di mercato avrebbe significato avallare operazioni puramente speculative.
La tesi delle Sezioni Unite è, invece, pienamente conforme ad una politica sociale tesa a garantire il diritto alla casa, favorendo l’acquisto o la locazione dei suddetti immobili a prezzi contenuti, senza possibilità di aggirare successivamente i vincoli posti all’uopo dalla legge, a meno che non ricorrano le tassative ipotesi sopra elencate.