Quesito del 28/07/2017

In breve: sono stato socio di una cooperativa edilizia militare dal 2003 all’ottobre 2012. Ad ottobre 2012 abbiamo rogitato e siamo stati dimessi da soci. Riceviamo annualmente il contributo statale.
Quest’anno (pochi giorni fa) sono venuto a conoscenza di un atto di pignoramento di Equitalia riscossioni per un debito di circa E. 100.000 di detta coop nei confronti dell’erario. La quota contributo è stata pignorata dall’Agenzia di riscossione per sanare il debito.
Oggi mi sono recato al Ministero delle Infrastrutture e mi hanno detto che nel caso in cui la coop non estingua il debito, verrà nominato un commissario e avverrà una liquidazione coatta. Nel caso in cui la coop non abbia beni mobili o immobili o altri soldi per sanare il debito, Equitalia pignora le nostre case.
Mi sembra strano che ciò possa avvenire. Sono ancora in attesa di conoscere di quale natura sia il debito e quando questo sia stato contratto (durante la nostra posizione di soci o in fase successiva una volta dimessi).
Corrisponde al vero che Equitalia possa aggredire la proprietà di noi ex soci?

Risposta al quesito:
Occorre preliminarmente esaminare il rogito di assegnazione degli alloggi, al fine di verificare se esso contenga un qualche riferimento al debito della Cooperativa verso l’Erario.
Solamente in tal caso, l’Agenzia delle Entrate potrebbe pignorare pro quota i singoli alloggi assegnati in proprietà ai soci.
Per quanto riguarda le altre enunciazioni inerenti al contributo annualmente percepito e al pignoramento che sarebbe stato eseguito, gli elementi forniti sono talmente scarni da rendere incomprensibile la questione.
Il contributo, infatti, dovrebbe abbattere parzialmente gli interessi di mutuo e dovrebbe riguardare l’Ente finanziatore e l’Istituto di credito mutuante; in ordine al dichiarato pignoramento non si comprende cosa sia stato pignorato. Se il pignoramento riguarda la quota di contributo, in tal caso sarebbe l’Istituto di credito a dovere richiedere la differenza non percepita dall’Ente pubblico finanziatore.
Accertando le diverse circostanze si può formulare un eventuale programma di tutela.

 

Quesito del 27/07/2017

Una cooperativa con 8 soci di cui 3 interessati alla costruzione del lotto C6 di edilizia convenzionata e 5 soci interessati al lotto E2 di edilizia privata la cui realizzazione attuale è al 60%.
Dovendo procedere all’assegnazione e intestazione notarile delle 5 villette di edilizia privata, i soci dell’altro lotto, a questo fine e solo per questo argomento, hanno diritto di voto anche loro? Oppure per questo argomento all’Odg devono astenersi?

Risposta al quesito:
L’assegnazione degli alloggi è atto attuativo dello scopo sociale e, pertanto, è normalmente riservato al Consiglio di amministrazione.
Ai soci prenotatari che non ottengano l’assegnazione dell’alloggio per inadempienza degli amministratori è consentito agire ai sensi dell’art.2932 c.c. per ottenere giudizialmente il trasferimento della proprietà dell’immobile.
Nel caso in cui lo Statuto preveda i poteri dell’assemblea per l’assegnazione degli alloggi sociali, in tal caso dovrebbe esistere un regolamento che disciplini il diritto di voto in caso di diversi programmi costruttivi.
In mancanza di regolamento l’assemblea delibera con il voto di tutti i soci, indipendentemente dalla loro appartenenza ad uno o all’altro programma costruttivo.
D’altra parte va osservato che i diversi programmi costruttivi di un’unica Cooperativa sono tra di loro collegati a titolo di garanzia verso i terzi e verso gli stessi soci.
Restano, tuttavia, ferme le tutele che ciascun socio ha in ragione dei diritti acquisiti con il contratto di prenotazione, in forza dei quali può esperire la predetta azione, bloccando l’immobile mediante la trascrizione della domanda giudiziale, che, se, accolta è opponibile alla Cooperativa e ai terzi (persino all’eventuale curatela fallimentare).

 

Quesito del 26/07/2017

Pregiatissimo avvocato, complimenti innanzitutto per le delucidazioni che offre a quanti come me non hanno alcuna competenza in merito, ma attraverso le Sue risposte comprendono chiaramente.
Il problema è questo: mio figlio ha acquistato in cooperativa edilizia divisa un immobile in qualità di socio, ha fatto il rogito alla fine di dicembre 2016 per beneficiare delle detrazioni prima casa. Nel rogito c’era l’impegno da parte della cooperativa nella persona del Presidente di rilasciare l’abitabilità entro il 30 aprile 2017, ciò non è avvenuto perchè non tutti i lavori erano stati ultimati.
In seguito alla richiesta della residenza da parte di un socio che già abitava l’alloggio hanno riscontrato un abuso (tetto più alto nella mansarda di circa 30 cm. a quanto ha sentito dire) di 2 appartamenti.
Per questo il Comune di Livorno ha rigettato il fine lavori, negando conseguentemente l’abitabilità e quindi la residenza. Il presidente non risponde al telefono, il direttore dei lavori ha dato le dimissioni. I soci che devono fare?
L’abitabilità per mio figlio è indispensabile per surrogare il mutuo preso come accollo che è capestro ed inoltre ha dovuto pagare IMU seconda casa su questo alloggio. Si può chiedere l’abitabilità individualmente visto che la casa di mio figlio è sta controllata e risulta conforme?
Le chiedo scusa ma sono una mamma anziana che ha investito i risparmi di una vita per aiutare il figlio a prendere casa. Attendo con ansia una sua risposta e la ringrazio di cuore.

Risposta al quesito:
In assenza di conformità progettuale l’edificio non può ottenere l’abitabilità-agibilità.
Occorre, dunque, verificare quali siano le reali dimensioni dell’abuso e se esso sia rimediabile con un progetto di variante ovvero con la necessaria modifica costruttiva in conformità al progetto originario.
Ciò posto, la Cooperativa può agire in via risarcitoria contro il Direttore dei Lavori e contro l’impresa appaltata, certamente responsabili dell’abuso edilizio.
La Cooperativa deve provvedere sollecitamente alla nomina di un nuovo Progettista-Direttore dei Lavori, al fine di sanare la situazione abusiva nei modi e nei termini previsti dalla legge.
Nel caso di inadempienza della Cooperativa, i soci di minoranza possono tutelarsi in sede risarcitoria con azione diretta sia nei confronti della Cooperativa, sia nei confronti dell’impresa e del Direttore dei Lavori.
Allo stato attuale il singolo socio non può ottenere il provvedimento di abitabilità per il proprio aloggio.
I soci interessati (ovviamente se minoranza) possono agire anche in sede amministrativa chiedendo alla Vigilanza la nomina di un Commissario per rimuovere l’impedimento al raggiungimento dello scopo sociale da parte della Cooperativa.

 

Quesito del 26/07/2017

La nostra casa era un cooperativa legge Aldisio del 1950, cooperative allora Stefer Roma. I miei erano sposati dal 1943 comune di Roma.
Nel 1980 – casa già da tempo abitata – mio padre fece il passaggio notarile da cooperativa a proprietà ma il notaio sull’atto mise solo il suo nome senza citare comunione o separazione nonostante fosse intervenuta la legge nel 1975.
Nel 2004 è deceduto mio padre e la successione fatta in sede AGE è stata per moglie e 2 figlie 1/3+1/3+1/3. Non hanno messo la spunta su nessuna voce comunione o divisione beni. Mia madre è rimasta nella sua casa e fatta opzione per sconto prima casa, noi avevamo le nostre case.
Mia madre è deceduta ad aprile 2017. Ho fatto la successione della casa sulla base delle risultanze del 2004 cioè è andato in successione solo il terzo di mia madre in quanto noi risultavamo a 1/3 ciascuna, abbiamo già tutto a posto compreso le volture metà a me e metà a mia sorella.
Adesso vendiamo la casa e sono cominciati i guai. Il notaio dell’acquirente ha chiesto il regime dei beni separazione o comunione della successione del 2004 in quanto dice che il rogito fu fatto nel 1980 (non era acquisto ma trasformazione da cooperativa a proprietà) e noi non ne sappiamo nulla. Poiché nel 1975 era subentrata la comunione non capisco perché il notaio all’epoca non l’ha citata, forse riteneva mio padre proprietario al 100% della casa. Ho letto in internet che se il terreno apparteneva ad un coniuge, la casa costruita su quel terreno nonostante il matrimonio e nonostante la comunione di beni era di proprietà di questo coniuge.
Allora mio padre – già sposato ma in regime allora di separazione – socio fondatore in una cooperativa del 50 che aveva acquistato il terreno per la costruzione di una casa era proprietario del terreno si o no? Era anche unico proprietario anche della casa si o no? Nella successione del 2004 l’AGE ha fatto la successione moglie e 2 figlie 1/3+1/3+1/3. Era sbagliata?
Ora il notaio ci ha fatto richiedere l’estratto del matrimonio dei nostri genitori spostati nel 1943 (!!) cosa uscirà fuori non lo so. Non doveva controllare invece se era comunione o separazione l’acquisto in cooperativa?

Risposta al quesito:
La questione posta dal notaio degli acquirenti non ha alcun senso dal punto di vista civilistico, in quanto in atto le due sorelle risultano proprietarie ciascuno al 50°% dell’immobile proveniente dall’eredità del padre e da quella successiva della madre.
Il predetto risultato finale sarebbe stato identico anche ne caso in cui il notaio che ha rogitato l’atto di assegnazione della Cooperativa avesse indicato correttamente il regime di  comunione dei genitori.
L’irregolarità, quindi, potrebbe  rilevare esclusivamente in sede fiscale (ma, comunque, si sono verificati i termini di decadenza e prescrizione), ma non ha alcuna incidenza per l’atto di compravendita odierno.
Gli attuali acquirenti, dunque, non hanno nulla da temere in quanto acquistano il bene dai proprietari al 100% .

 

 

 

 

Quesito del 26/07/2017

Sono un socio di una Cooperativa Edilizia in regime di edilizia agevolata dal 2008. Per motivi economici ho dovuto dare le dimissioni ad agosto 2016 chiedendo il rimborso delle somme versate.
Ad oggi non hanno ancora trovato un nuovo socio, poichè a dicembre partirà la prima rata del mutuo ho saputo che gli altri soci di comune accordo hanno deciso di abbassare il prezzo dell’alloggio a me assegnato di 20.000 euro o più, affinchè diventi appetibile e di detrarli dalle somme da me versate.
Volevo sapere se è una prassi fattibile e se è giusto che devo perderli solo io queste somme!? Ho chiesto visto che devono abbassare il prezzo, allora la pago io di meno a questo punto e non mi è stata data questa possibilità. Quindi solo un nuovo socio la può acquistare a 180.000 euro e non mi rimborserebbero le 20.000 di differenza del prezzo iniziale richiesto di 200.000 euro.

Risposta al quesito:
Occorre, innanzitutto, verificare quali siano i termini previsti nello Statuto per il rimborso delle somme anticipate dal socio receduto.
E’ possibile che sia previsto il termine di 120 giorni successivi all’approvazione del bilancio relativo all’esercizio in cui si è verificato il recesso.
In tal caso i termini sarebbero ancora pendenti.
Il socio receduto ha diritto al rimborso integrale delle anticipazioni in conto costruzione, indipendentemente dagli “abbuoni” operati dalla Cooperativa in favore del socio subentrante.
Per evitare di incorrere nell’ipotesi risarcitoria conseguente al recesso anticipato (conseguente alla caduta del mercato immobiliare) il socio receduto può trattare con la Cooperativa dichiarandosi disponibile  a riacquisire la qualità di socio versando il nuovo prezzo scontato.
Una tale ipotesi, tuttavia, può essere frutto di un accordo, ma non scaturisce da alcun diritto del socio receduto.

 

Quesito del 25/07/2017

In una Società Cooperativa edilizia di abitazione a mutualità prevalente, a proprietà individuale o divisa, in ambito di rinnovo di cariche sociali, se un socio viene nominato dalla stessa assemblea a maggioranza o all’unanimità, a Consigliere di Amministrazione, può il socio nominato accettare con riserva?
Cioè può chiedere un periodo di 30 giorni per decidere se accettare la nomina di Consigliere di Amministrazione e sciogliere la riserva alla prossima riunione di assemblea dei soci?

Risposta al quesito:
Non esiste una disciplina esplicita che regoli i tempi dell’accettazione della nomina da parte dell’amministratore, ma dal complesso delle norme si può desumere che la Società ha interesse all’immediato deposito delle nuove cariche sociali, posto che gli amministratori cessati hanno i poteri della sola ordinaria amministrazione.
Ne consegue che, in via generale, l’accettazione dei neoeletti deve essere immediata, in modo da consentire la convocazione di una nuova assemblea nel caso del loro rifiuto alla carica sociale.
L’assemblea, tuttavia, può concedere un termine ai neoeletti per l’accettazione, ma ciò dipende dagli eventuali danni che possono derivare alla Società dal conseguente ritardo nell’esecuzione di operazioni di straordinaria amministrazione non eseguibili dagli amministratori cessati.