Sono socio di una cooperativa edilizia a r.l. a proprietà divisa di complessivi 14 soci, assegnataria di un alloggio che occupo già da 3 anni.
Due anni fa, il presidente della cooperativa, annunciando come prossima la stesura dell’atto notarile di assegnazione degli alloggi, convocava assemblea dei soci e in quella occasione invitava gli stessi a versare a saldo del piano finanziario ulteriori somme che sin da subito sono apparse non corrispondenti al piano finanziario stesso. Rispetto alle delibere assembleari il piano finanziario era stato abbondantemente superato.
A seguito delle carenze di informazione e del comportamento omissivo del presidente, relative alla ulteriore richiesta di versamento decidevo, unitamente ad altro socio, di chiedere l’assistenza di un legale il quale reiterava numerose richieste al presidente senza tuttavia ricevere alcuna documentazione giustificativa a supporto delle ulteriori somme richieste.
Qualche mese più avanti veniva convocata nuova assemblea dei soci nel corso della quale, io e altro socio presenti assistiti dalla presenza del legale, il presidente consegnava a ciascun socio fatture pro forma da dove si evinceva la rimanenza che ogni socio doveva versare per saldare il piano finanziario e precisava che avrebbe provveduto alla stesura del rogito solo a coloro che erano a saldo con i pagamenti escludendo (di fatto) a me ed altro socio in quanto tramite il legale avevano contestato anche in tale assemblea le ulteriori somme richieste.
Solo qualche giorno dopo, il presidente inviava al legale i rendiconti dei costi sostenuti negli anni.
Poco dopo il presidente provvedeva alla stesura del rogito notarile per 12 soci su 14.
In considerazione dell’inerzia del presidente, questi veniva invitato a presentarsi presso lo studio del notaio, con atto di diffida stragiudiziale per la stesura del rogito. In tale occasione lo stesso, rinnovava personalmente la pretesa creditizia già formulata nel corso della citata assemblea e consegnava al legale una nota redatta dalla presidenza con la quale puntualizzava, contestando in toto le premesse, contenuti e richieste con allegati due piani finanziari (il primo deliberato all’atto della stesura del contratto di appalto; il secondo relativo alla variazione del piano finanziario) riportati nei registri della cooperativa e deliberati nelle rispettive assemblee. Nel secondo verbale di assemblea risultava indicata una somma maggiore rispetto a quanto discusso effettivamente in quella sede. Infatti io ed altro socio eravamo in possesso di copia del verbale di pari data, sottoscritto effettivamente da tutti i soci, senza alcuna indicazione di ulteriori importi. Mentre la copia del verbale in nostro possesso era regolarmente sottoscritto alla fine da tutti i soci, nel verbale di pari data riportato nei registri della cooperativa, chiaramente falso nella parte indicante ulteriori importi, non vi erano le firme dei soci e il presidente, o chi per lui, maldestramente ed al fine di creare l’apparenza della sua riconducibilità alla volontà dei soci, allegava lo schema di ripartizione degli alloggi tra i vari soci sottoscritto dagli stessi, essendo sicuro che i soci non fossero in possesso della copia di quello non apocrifo. Per tale ragione, il presidente della cooperativa risulta imputato dinanzi al Tribunale, nel quale io ed altro socio siamo parti offese, per i delitti p. e p. dagli artt.485, 61 nr.2, 56, 640 c.p. con la recidiva reiterata di cui all’art.99 c.4 c.p..
Dopo oltre un anno, il presidente veniva nuovamente invitato a presentarsi presso lo studio del notaio, sempre con atto di diffida stragiudiziale per la stesura del rogito. In tale occasione lo stesso non si presentava e recapitava una nota sia al notaio che al legale con la quale rinnovava la pretesa creditizia già formulata e precisava di essere impossibilitato a sottoscrivere l’atto di assegnazione per diversi motivi quali: la morosità degli stessi e che bisognava richiedere nuovamente la ratifica assessoriale, precisando che il procedimento giudiziario pendeva nei confronti della persona del presidente e non nei confronti della cooperativa e che quindi i soci denuncianti stavano arrecando notevole danno alla società di cui risultavano morosi. La nota concludeva con la diffida entro 30 gg. a regolarizzare il pagamento delle somme richieste e che in difetto si sarebbe proceduto all’esclusione da socio della cooperativa, così come previsto dallo statuto della cooperativa.
Per ultimo veniva presentato esposto al servizio di vigilanza delle cooperative dell’assessorato regionale al fine di provocare l’intervento ispettivo verso la cooperativa al fine di giungere all’assegnazione definitiva dell’alloggio in questione.
Amministrazione poco trasparente, non aderente allo scopo socoiale e assolutamente personale del consiglio di amministrazione.
a) per far fronte al piano finanziario il sottoscritto chiedeva al Presidente la documentazione necessaria per accedere ad un prestito presso l’INPDAP, tra cui:
– copia autenticata della concessione edilizia;
– dichiarazione attestante il costo totale della costruzione ed il costo del singolo appartamento assegnato al socio.
Tra la suddetta documentazione attirava l’attenzione la “dichiarazione sul costo complessivo alloggio” con la quale il presidente quantificava l’importo relativo alla somma extra finanziamento e quindi del costo complessivo maggiorata per circa 4.000 Euro rispetto alla delibera assembleare di riferimento.
b) il presidente non dava esito a numerose raccomandate di richiesta chiarimenti e incombenze varie;
c) tra la documentazione giustificativa fatta pervenire dal presidente, attirava particolarmente l’attenzione:
– fatture rilasciate, a titolo di consulenza e compenso Presidente, dallo studio di consulenza del presidente della cooperativa alla cooperativa stessa;
– una serie di bollette per pagamento utenze telefoniche, fornitura energia elettrica e gas installate nei locali dell’attività di consulenza del presidente della cooperativa, ma intestate alla cooperativa stessa;
– un anno prima dell’affidamento dell’appalto è stata emessa una fattura alla cooperativa per lavori eseguiti con mezzi industriali per la pulizia del lotto (erbacce e rifiuti) per un importo di circa 10.000 Euro;
– i bilanci annuali sono stati approvati senza la prescritta convocazione assemblea dei soci, infatti non è stata mai recapitata alcuna raccomandata in tal senso;
– non è mai stata discusso eventuale rimborso iva;
– sono stati prorogati i termini di ultimazione dei lavori senza tuttavia informare l’assemblea dei soci;
– nel consiglio di amministrazione, composto da tre persone, vi è la moglie del presidente, nonché il direttore dei lavori, quest’ultimo assegnatario di alloggio.
Risposta al quesito:
Dall’articolato quesito da Lei proposto sembra emergere che avverso l’operato degli amministratori della Cooperativa abbiano manifestato sostanziale dissenso solamente due soci.
Orbene, le Cooperative sono regolate dal contratto di società, in forza del quale la volontà sociale si forma mediante le delibere assembleari, assunte con le specifiche maggioranze previste dalla legge ovvero dallo Statuto.
La disciplina che precede viene attenuata dai diritti delle minoranze o dei singoli soci specificatamente previsti dalla legge, tra cui spicca il diritto a ricevere dettagliate informazioni sulla entità delle spese ovvero a sollecitare il controllo contabile.
Va, tuttavia, precisato che il merito della spesa sociale resta assoggettato al potere della maggioranza dei soci, purchè la spesa medesima sia inerente l’attività sociale e non sia viziata da falsa rappresentazione.
Nel caso di specie, però, desta l’attenzione quanto da Lei riferito in ordine alla irregolarità delle assemblee, la cui convocazione non sarebbe stata effettuata mediante lettera raccomandata.
In tal caso, infatti, le delibere assunte nel corso delle assemblee sarebbero radicalmente nulle e potrebbero essere impugnate senza limiti di tempo (a condizione che i soci dissenzienti non abbiano, comunque, presenziato nel corso dell’adunanza).
In particolare, dalla nullità dei deliberati conseguirebbe l’inefficacia dei bilanci sociali ,in quanto privi dell’approvazione assembleare e, pertanto, una tale circostanza impedirebbe agli amministratori di richiedere ai soci il versamento di somme a qualunque titolo presuntivamente dovute.
L’illegittimità della richiesta del versamento sociale, dunque, giustificherebbe l’eccezione di inadempimento, legittimando il rifiuto del versamento delle somme da parte del socio, almeno fino alla regolarizzazione dei deliberati di approvazione.
In tale ipotesi, tuttavia, si verificherebbe un notevole ritardo nell’assegnazione dell’alloggio al socio e un conseguente danno a carico dell’assegnatario.
Quest’ultimo, quindi, potrebbe convenire in giudizio la Cooperativa ai sensi dell’art. 2932 c.c. chiedendo il trasferimento coattivo dell’alloggio, dichiarandosi, nel contempo, disponibile ad effettuare i versamenti che risulteranno effettivamente dovuti.
In tal caso la domanda giudiziale andrebbe trascritta presso i Registri Immobiliari, assumendo efficacia anche nei confronti dei terzi (così impedendo una eventuale ulteriore assegnazione).
Il socio, inoltre, potrebbe convenire in giudizio gli amministratori in forza del danno subito a seguito del ritardo nell’assegnazione definitiva dell’alloggio prenotato.