Quesito del 16/12/2013

Mia suocera nel 1996 si è unita ad una cooperativa edilizia popolare con tutti i passaggi a norma di legge. Nel 2005 ha ceduto l’appartamento assegnato ad una cifra nel rispetto delle Leggi vigenti.
Da quel momento in poi fino ad oggi mia suocera ha continuato a pagare spese su spese che ogni volta la Cooperativa le richiedeva dicendo ogni volta che sarebbero stati gli ultimi richiesti e che quelle somme servivano alla liquidazione della cooperativa che non è mai avvenuta e fino ad oggi 16 dicembre 2013 è ancora in essere.
Mia suocera dalla cessione del suo alloggio ha sborsato piu di 15.000 euro (all’insaputa dei figli). Oggi detta cooperativa ha avanzato una ulteriore richiesta di 1.700 euro che come al solito servono per la liquidazione della stessa, minacciando azioni legali se non paga detta somma. Ora le sue figlie si domandano come è possibile che ci siano tutte queste richieste di somme pur non avendo più l’alloggio quando sull’atto di vendita è specificato che dal subentro dei nuovi assegnatari gli stessi diventavano “a tutti gli effetti proprietari anche per eventuali frutti così come per tutte le spese” (cit. atto).
E’ possibile avere delucidazioni in merito? Esiste una giurisprudenza che dice che in caso di cessione dell’alloggio non sussiste più il motivo di rimanere soci in quanto appunto non ha nessun beneficio dal momento che cede il suo alloggio. Nel caso che si ribatta sul punto che ci deve essere una richiesta scritta per non voler essere più soci … a quel punto qualcuno ha sbagliato e si è approfittato della persona anziana inconsapevole di questa clausola? E mi chiedo, perchè in sede di assemblea chi può firmare è il solo nuovo acquirente se come dicono loro la socia risulta essere mia suocera?
Non ci è dato sapere se questa cooperativa richieda soldi anche al nuovo acquirente oltre che a mia suocera. Mia suocera è anziana e non ce la fa più a sostenere tutte quelle spese ed è per questo motivo che a suo tempo ha ceduto il suo alloggio ed è impaurita perchè teme le loro minacce di rivalsa.

Risposta al quesito:
Per una esauriente e precisa risposta al Suo quesito occorrerebbero maggiori informazioni in ordine all’atto pubblico di cessione, alle richieste di versamenti sociali e ai bilanci depositati dalla Cooperativa.
In via del tutto generale, va precisato che le Cooperative edilizie intrattengono con i propri soci due tipi di rapporto: quello sociale, regolato dallo Statuto e dai deliberati e quello mutualistico, inerente l’assegnazione dell’alloggio.
A seguito dell’assegnazione dell’alloggio sociale, normalmente si estingue il rapporto mutualistico, con la conseguenza che non dovrebbe sussistere ulteriore richiesta di versamento in ordine al costo dell’immobile ceduto.
In tal caso, resta normalmente al socio l’onere di provvedere alla copertura pro quota delle spese generali di amministrazione sino alla definitiva estinzione del sodalizio.
Accade, tuttavia, che ancor dopo l’assegnazione dell’alloggio, la Cooperativa debba ancora sostenere dei costi inerenti la costruzione dell’alloggio sociale (ad esempio costo del terreno espropriato) e, pertanto, riversi sui soci le relative richieste di versamenti di somme.
In tal caso, normalmente il socio  assume specificatamente l’obbligo nel contratto di assegnazione dell’alloggio.
Nel caso da Lei prospettato, non sembra che le somme richieste siano compatibili con le spese generali di amministrazione per la struttura sociale e si deve, pertanto, presumere che le richieste formulate dalla Cooperativa riguardino costi dell’alloggio.
Alla luce di quanto precede, appare necessario che il socio accerti la destinazione delle somme richieste dalla Cooperativa, richiedendo a tal uopo la propria scheda contabile, i verbali d’assemblea e i bilanci d’esercizio (solo dopo si potrebbe contestare adeguatamente l’opetrato degli amministratori della Cooperativa).
La circostanza che il socio abbia ceduto l’alloggio a soggetto terzo è del tutto ininfluente in ordine al suo obbligo di versare le spese generali ed eventualmente il residuo del costo alloggio (se ciò risulta dagli atti).
L’acquirente dell’alloggio non ha alcun rapporto con la Cooperativa e, pertanto, si deve presumere che le firme dallo stesso apposte nel corso delle “assemblee” riguardino il Condominio e non già la struttura sociale.

Quesito del 13/11/2013

A seguito di una ricerca in internet su una questione complessa circa l’espulsione di due soci da una cooperativa edilizia per aver contestato la mancanza di atti deliberativi assembleari e del cda in merito al frazionamento del mutuo e del patrimonio comune. A seguito di tale contestazione il presidente ha proposto l’espulsione dei due soci per danni morali alla società in quanto avevano osato chiedere ispezioni alla competente DPL. Ispezioni che poi nel merito hanno confermato le contestazioni dei soci ma non hanno prodotto effetti sulla cooperativa che ha espulso i due soci.
Questi hanno fatto ricorso, secondo statuto, al collegio sindacale in funzione di collegio dei probiviri, in applicazione di una clausola endoprecedimentale che doveva perfezionare l’espulsione oppure no. I sindaci non hanno mai deliberato nulla pur avendo ascoltato le parti. La cooperativa ha citato i soci espulsi ed i componenti del collegio sindacale adducendo la nullità della clausola statutaria.
Si chiede la possibilità di una consulenza in merito alle responsabilità del presidente e del cda per aver stipulato contratti di assegnazione degli appartamenti e di alcune parti comuni tra cui la sede sociale in mancanza di qualsiasi atto assembleare ed in merito alla responsabilità dei componenti il collegio sindacale per non aver concluso la procedura endoprocedimentale di conferma o meno dell’espulsione. Resto in attesa di un cortese riscontro.

Risposta al quesito:
Nell’ipotesi di esclusione, i soci possono ricorrere al Collegio dei Probiviri (o dei Sindaci), se ciò è previsto dallo Statuto sociale, ma, così facendo, attiverebbero un procedimento “interno”, al compimento del quale dovrebbero, comunque, ricorrere all’Autorità giudiziaria competente.
Il ricorso interno comporta che il termine per impugnare la delibera decorre dalla data di pronuncia dei Probiviri.
Nel caso in specie, sembra che sia stata la stessa Cooperativa a citare i soci esclusi rilevando la nullità della clausola statutaria, stante la mancata pronuncia da parte del Collegio dei Sindaci.
Anche se la questione merita un adeguanto approfondimento, genericamente può affermarsi che la pretesa della Cooperativa non sembra fondata, sotto diversi profili:
–         Lo Statuto può prevedere il ricorso ad un organo interno, purchè esso non assuma funzioni arbitrali, ma si limiti ad esaminare i fatti ed emettere una decisione quale organo sociale e non giurisdizionale;
–         La Cooperativa non può invocare la nullità di una clausola prevista dallo Statuto, che rappresenta l’atto su cui si fonda il contratto di Società.
In ogni caso i soci convenuti possono formulare domanda riconvenzionale e proporre innanzi al giudice adito anche l’opposizione alla delibera di esclusione (per motivi formali e di merito).
Relativamente al  quesito sulla responsabilità degli amministratori va pur genericamente precisato che gli atti dispositivi (di assegnazione di alloggi sociali ovvero di parti comuni dell’edificio) richiedono sempre il deliberato assembleare, in mancanza del quale sono invalidi.
In ordine alla responsabilità dei Sindaci per il  ritardo, essendo essi un organo della Società, nel caso rappresentato è a quest’ultima che deve essere richiesto il risarcimento del danno, soprattutto a seguito della notifica dell’atto di citazione.

Quesito del 9/11/2013

Sono un socio di una cooperativa edilizia agevolata per le FF.AA e FF.OO con legge 492/75 a proprietà indivisa.
Un controllo effettuato da parte dell’autorità competente che rilascia il nulla osta per il conseguimento del passaggio a proprietà individuale, ha fatto emergere che uno dei soci non é in possesso dei requisiti per l’acquisizione della quota, per cui la pratica é stata sospesa.
Domande: I contributi percepiti fin ora dal socio in questione risulterebbero percepiti indebitamente? Dovrà restituirli? L’autorità in questione deve obbligatoriamente denunciare alla p.g. il reato di truffa ai danni dello stato o dovremmo farlo noi? Il socio dovrà essere espulso? Se decidesse di dare le dimissioni e “tagliare la corda”?
Al resto dei soci spetta un risarcimento come parte lesa, in virtù del fatto che se verrà espulso dovremmo pagargli la quota del suo mutuo?

Risposta al quesito:
Il caso prospettato richiede  maggiori informazioni, non solo  in ordine alle comunicazioni verso l’Ente finanziatore da parte della Cooperativa relativamente ai requisiti dei soci aventi diritto all’assegnazione in uso dell’alloggio sociale, ma anche in riferimento alle disposizioni dello Statuto.
Già al momento dell’iscrizione, infatti, la Cooperativa avrebbe dovuto richiedere all’aspirante socio il possesso dei requisiti soggettivi e quest’ultimo avrebbe dovuto comprovarli documentalmente.
I requisiti soggettivi dei soci, inoltre, devono essere posseduti al momento dell’agevolazione finanziaria e di tale possesso se ne deve dare prova all’Ente finanziatore.
Ciò posto, l’Ente finanziatore può assumere  il provvedimento di revoca del contributo agevolato relativamente all’alloggio in questione ovvero richiedere la sostituzione del socio con altro in possesso dei requisiti, avente diritto all’uso dell’immobile.
Il predetto Ente, tuttavia, potrebbe denunciare comportamenti dolosi in proprio danno (se ravvisabili) e, in tal caso, denunciare i fatti alla Procura della Repubblica.
In quest’ultima ipotesi ne conseguirebbe un procedimento penale in danno del socio e di quanti altri hanno concorso nei reati riscontrabili nei fatti denunciati.
Se dai fatti in questione derivassero danni per la Cooperativa, questa potrebbe agire in via risarcitoria nei confronti del socio e dei suoi concorrenti.
In assenza di azione da parte della Cooperativa, i singoli soci potrebbero agire individualmente per il danno eventualmente subito.

Quesito del 20/10/2013

Sono subentrata a mio padre (che ha rinunciato a continuare ad essere socio) in una cooperativa a proprietà indivisa di militari (io stessa lo sono) nel 2007.
Un anno prima ho contratto matrimonio in regime di separazione dei beni. Mio marito era già proprietario di una casa acquistata prima di conoscermi nello stesso Comune dove insiste la cooperativa di cui io risulto socia. All’atto del mio subentro mi venne chiesto se io risultassi essere proprietaria di altro immobile sito nello stesso Comune ed io risposi di no (perchè l’immobile non era mio bensì di mio marito).
Oggi stiamo avviando le pratiche per il passaggio da proprietà indivisa a divisa e sembra che tra i moduli che dovremo compilare ce n’è uno che richiede anche a mio marito di non essere proprietario di altri immobili.
La domanda è la seguente: il fatto di essere in regime patrimoniale di separazione dei beni ha validità oppure nel caso delle cooperative edilizie sovvenzionate con contributo statale ciò non vale?
Il fatto di essere io socia della cooperativa e non mio marito e l’esistenza del regime de quo verrà considerato, magari allegando la documentazione che prova la separazione patrimoniale dei beni, oppure potrò avere problemi, a causa dell’unità immobiliare intestata solo ed unicamente a mio marito, nell’assegnazione della proprietà dell’alloggio (alloggio per il quale stiamo pagando un mutuo prima mio padre ed ora io da 30 anni)?

Risposta al quesito:
Nell’ipotesi di cooperative edilizie a contributo pubblico, il requisito dell’impossidenza immobiliare viene esteso a tutti i componenti il nucleo familiare del socio assegnatario.
Non ha alcuna incidenza il regime patrimoniale dei coniugi. Incide, viceversa, la separazione dei coniugi, in quanto il coniuge separato legalmente, anche se proprietario di un immobile, non rappresenta un ostacolo per l’assegnazione dell’alloggio sociale all’altro coniuge.
Da rammentare che la proprietà di un immobile nello stesso Comune dell’intervento agevolato costituisce ostacolo all’assegnazione se l’immobile è idoneo all’uso abitativo dell’intero nucleo familiare (cioè composto da un vano per ogni componente, oltre servizi).

Quesito del 20/10/2013

Faccio parte di una cooperativa edilizia che ha stipulato con il Comune in cui vivo l’atto di concessione del suolo sul quale porre in essere la costruzione. Premetto che al momento della mia iscrizione ho versato la quota sociale più 10.000 euro.
Chiedendo un pò di carte agli amministratori ho notato delle cose poco chiare che ora vi vado a raccontare:
1) solo uno dei tre amministratori ha versato i 10.000 euro come me, gli altri solo la quota sociale pari a 26 euro, compreso il presidente;
2) non tutti gli altri soci della cooperativa hanno effettivamente versato i 10.000 euro come a me richiesti, ma alcuni solo 4.000 euro ed altri la sola quota sociale.
A tal proposito vi chiedo se tale disparità di trattamento economico sia possibile e nell’eventualità come debba comportarmi.

Risposta al quesito:
Nelle cooperative vige il principio di parità di trattamento tra i soci, soprattutto in relazione ai versamenti sociali, quando la Società è beneficiaria di contributo pubblico.
Se, dunque, non esiste una obiettiva “differenza di prezzo” tra gli immobili prenotati, tutti i soci devono versare le stesse somme in un ragionevole arco di tempo.
La grave irregolarità può essere denunciata al competente ufficio di vigilanza sulle cooperative.

Quesito del 19/10/2013

Nel 1988 io e mio marito (comunione legale di beni) siamo entrati in una cooperativa edilizia indivisa, per comodità si decise di individuare nella persona di mio marito il socio prenotatario dell’alloggio.
Mio padre con degli assegni di conto corrente intestati a me ha corrisposto £ 40.000.000 (non ho possibilità alcuna di dimostrarlo) per entrare in cooperativa. Le successive rate di mutuo sono state corrisposte alla stessa cooperativa durante la nostra vita coniugale.
Io all’epoca ero casalinga e il conto corrente bancario era intestato solo a mio marito.
Nel 2003 iniziò il ricorso per separazione, mi venne assegnata la casa coniugale solo perchè vi erano figli minori, ma della questione quote di mutuo ai fini dell’assegnazione definitiva dell’appartamento non venne detto nulla. Le ultime due rate del mutuo regionale vennero pagate dal mio ex marito.
In sede di divorzio, avevo da poco iniziato a lavoricchiare con dei contratti a termine, non mi venne concesso nè l’assegno alimentare nè tanto meno venne trattata la questione della prenotazione dell’alloggio. Venne solo riconfermata l’assegnazione della casa coniugale in virtù del fatto che mio figlio era ed è studente universitario.
Il mio ex marito ha di recente proposto ricorso ex art. 710 c.p.c. per vedersi assegnare l’alloggio ribadendo la sua posizione di socio prenotatario della cooperativa, ma il ricorso è stato rigettato perchè mio figlio ancora studia.
Vorrei sapere se c’è la possibilità di aggiungere il mio nome a quello del mio ex marito quale socio prenotatario dell’alloggio, anche perchè a causa di alcuni abusivismi edilizi, in corso di sanatoria, la cooperativa non ha ancora rogitato.
Diversamente cosa posso chiedere alla cooperativa o al mio ex marito, in assenza di documentazione?

Risposta al quesito:
Con il divorzio cessano gli effetti civili del matrimonio ivi compresi quelli riguardanti il regime patrimoniale adottato dai coniugi.
Il coniuge divorziato, pertanto, non può vantare alcun diritto o interesse legittimo in relazione all’alloggio cooperativo precedentemente prenotato dall’altro coniuge.
Nel caso prospettato, ancor oggi si potrebbe tentare di attuare una pretesa creditoria per le somme impiegate dal coniuge per la prenotazione dell’alloggio da parte dell’altro coniuge socio della cooperativa.