Ci troviamo in un alloggio prenotato, non ancora rogitato, del Comune di Roma, tra i soci si sono create delle discordanze sui prezzi di massima cessione perché non corrispondono al valore dell’immobile.
Il presidente ha fatto approvare una nuova tabella dei prezzi di massima cessione elaborati da un ingegnere, alcuni soci vorrebbero fare il ricorso al Tar per farli approvare al Comune di Roma, il quale ha risposto in maniera negativa.
Se un socio non è d’accordo ad intraprendere questa via, deve per forza sottostare a una decisone presa “dall’alto”?
Risposta al quesito:
Il prezzo massimo di cessione è quello fissato per legge, normalmente inserito nel Quadro Tecnico Economico, inoltrato dalla Cooperativa per ottenere il finanziamento agevolato ovvero l’assegnazione dell’area da parte del Comune.
Se, dunque, quel prezzo è stato proposto dalla Cooperativa non può subire una modifica successivamente alla realizzazione degli immobili, a meno che non sussistano condizioni eccezionali e non prevedibili.
Se nel corso della costruzione sociale il costo è lievitato, occorre comprendere le cause e trovare le soluzioni.
Il ricorso al TAR sarebbe possibile esclusivamente a fronte del dinego del Comune di una istanza adeguatamente motivata da circostanze oggettive (difficilmente da ipotizzare).
Si deve, infine, precisare che l’eventuale modifica del prezzo massimo non esimerebbe i soci dal dovere, comunque, sostenere il costo, altrimenti la Cooperativa andrebbe in Liquidazione coatta.
Il socio in disaccordo con le teorie (non chiare) degli altri soci può dissociarsi in ordine alle liti giudiziarie, ma tale circostanza non lo salverebbe dall’eventuale fallimento-Liquidazione coatta della Cooperativa.
Il socio dissenziente potrebbe metter in mora la Cooperativa dichiarando la disponibilità al versamento del prezzo attuale e in caso di mancata risposta agire giudizialmente ai sensi dell’art. 2932 c.c. per mettersi al riparo degli eventuali effetti del fallimento-LCA.