Mio figlio a giugno u.s. rinunciò alla qualità di socio, in favore di mio marito, in quanto aveva possibilità lavorative migliori all’estero ed essendo edilizia convenzionata agevolata, la residenza era un requisito fondamentale.
Oggi scopro che pur essendo espatriato (avendone tutti i requisiti) può non prendere la residenza nella città dell’appartamento, usufruendo ugualmente dei benefici prima casa. Chiedo questo vale anche per l’edilizia convenzionata?
Nella Convenzione non è contemplata questa possibilità in fase di assegnazione, se ne parla invece nella sezione “scioglimento anticipato dei vincoli soggettivi” per lavoro all’estero. Mio figlio vorrebbe “rientrare” per l’assegnazione (probabile novembre p.v.) dell’appartamento prenotato nel 2018.
Risposta al quesito:
Il lavoro all’estero non necessariamente comporta il cambio della residenza in Italia.
Si può, infatti, lavorare all’estero, ma mantenere la residenza in Italia per diverse ragioni, prima fra tutte la non definitività del trasferimento.
In tal caso, il soggetto è obbligato a pagare le imposte in Italia.
Sulla scorta della predetta disciplina, anche il requisito della residenza per l’edilizia popolare non si perde, purché venga mantenuta la residenza in Italia.